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Produzione e coltivazione di alghe: di cosa stiamo parlando?

Nell’ultimo articolo abbiamo discusso l’utilizzo delle alghe in agricoltura dal punto di vista dei benefici, dei possibili utilizzi e in generale delle potenzialità che le alghe hanno in questo campo.

Con l’articolo di oggi, vogliamo spostare il focus sull’aspetto della produzione di alghe attualmente in essere, per dare un’idea di come, dove e quanto le alghe in commercio vengono prodotte.





Storia passata


Nel 2020 la produzione mondiale dell’acquacoltura è cresciuta, sia nell’accezione animale del termine sia per la produzione di alghe utilizzate a livello alimentare e industriale: si è registrata una produzione di 35,1 milioni di tonnellate di alghe coltivate in acquacoltura, superiore dell’1,4% rispetto al 2019.



Fig. 1: Produzione mondiale in Acquacoltura dal 1991 al 2020 (Stato della Pesca e dell’Acquacoltura nel mondo 2022)


I maggiori Paesi coltivatori di alghe, in particolare di macroalghe marine (Seaweeds in inglese), sono Cina e Indonesia secondo quanto riportato dalla FAO nel report dello Stato della Pesca e dell’Acquacoltura nel mondo 2022.

La produzione cinese si concentra prevalentemente sulle alghe brune (kelp) delle specie Saccharina japonica e Undaria pinnatifida e le alghe rosse appartenenti al genere Gracilaria e Pyropia, usate principalmente come alimento: le più conosciute sono Undaria pinnatifida, comunemente chiamata “alga wakame” e Pyropia, nota come “alga nori”.

L’Indonesia coltiva più specie del genere Kappaphycus ed Eucheuma, da cui ricava la carragenina, sostanza addensante usata nell’industria alimentare e cosmetica.

Questi 5 generi (Saccharina, Undaria, Eucheuma/Kappaphycus, Porphyra/Pyropia e Gracilaria) rappresentano il 98% della coltivazione mondiale.


Evoluzione recente


Negli ultimi anni, nuove nazioni come Cile, Sudafrica e Norvegia hanno iniziato a produrre alghe e ad essere riconosciute a livello mondiale nel settore.

Il Cile è l’unico Paese latino-americano a comparire nelle statistiche mondiali, con una produzione di 12 milioni di tonnellate di Gracilaria, usata per estrarre l’agar agar (gelificante). In questi territori sono presenti anche altre specie di interesse industriale come Lessonia e Macrocystis (alghe brune) per estrarre l’alginato (addensante alimentare) e Sarcothalia, Gigartina e Chondracanthus (alghe rosse) sempre per estrarre agar agar.

In Sudafrica il genere più prodotto è Ulva - una delle poche alghe verdi coltivate in acquacoltura - attraverso l’utilizzo della Acquacoltura Multitrofica Integrata (IMTA).

Curiosità: IMTA è un sistema basato sull’utilizzo di specie di diversi livelli trofici (es. pesci – molluschi bivalvi – alghe), che permette la riduzione dell’inquinamento dovuto all’acquacoltura (esempio: l’eutrofizzazione oppure l’anossia).

In Norvegia, c’è già da anni una lunga tradizione di raccolta in natura, in modo sostenibile, dei generi Laminaria e Ascophyllum usati per ricavare fertilizzanti. La crescita della domanda dell’industria ha portato ad un rapido sviluppo dell'acquacoltura di alghe in questo Paese.



Fig. 2: Produzione di macroalghe per specie e paesi percentuale e sono inclusi i principali usi di ogni specie (FAO 2016).


In tutti i Paesi di cui abbiamo parlato finora, si raccolgono macroalghe in natura in modo sostenibile da decenni perché - fonti storiche alla mano - le alghe erano già usate in passato sia come cibo sia come fertilizzanti.


La storia europea delle alghe


L’utilizzo di alghe nei fertilizzanti era comune soprattutto in Europa e in particolare in Irlanda, Regno Unito e Paesi Scandinavi: le alghe, raccolte erano del genere Ascophyllum e potevano trovarsi galleggianti o spiaggiate, alternativamente venivano recise durante la bassa marea e, una volta raccolte, gli agricoltori ricavavano manualmente il fertilizzante. Con le tecnologie moderne si potrebbe rendere questo processo di produzione ancora più semplice.

Nella storia britannica, vale poi la pena ricordare un importante progresso nell’utilizzo delle alghe come fibra per tessuti durante la Seconda Guerra Mondiale: in questo periodo vennero infatti aperte fabbriche per la produzione di rayon, una fibra trasparente a base di cellulosa ricavata dalle alghe, chiamata anche “seta artificiale” o “seta di legno”, con cui venivano prodotte reti per camuffare potenziali bersagli bellici. Sfortunatamente, le reti si rivelarono poi fallimentari dato che la fibra si biodegradava piuttosto rapidamente a causa del clima umido e il progetto fu chiuso.

Oggi ci si concentra inoltre sull’uso delle alghe per combattere l’eutrofizzazione (eccesso di sostanze nutritive) e le fioriture fitoplanctoniche dannose, sfruttando i loro “servizi ambientali”, cioè la loro capacità di mantenere stabili gli equilibri dei livelli di nutrienti disciolti in mare.

Oltre a questo, è molto importante sottolineare che favorendo lo sviluppo di aziende produttrici di macroalghe e ricerche sulle tecnologie di acquacoltura macroalgale, si potrebbe arrivare a usi innovativi di questa risorsa.


Sintesi


In questo articolo abbiamo parlato di un po’ di storia delle alghe nel mondo e in Europa, toccando alcuni degli utilizzi passati e attuali di questa grande risorsa.

Come sempre, vi invitiamo ad approfondire, a toccare con mano l’argomento e a commentare questo e gli altri nostri articoli.

Per quanto riguarda i nostri appuntamenti, #stayTuned per il prossimo articolo sugli utilizzi delle alghe!


Potete trovare altri contenuti sul Progetto e sul suo stato di avanzamento su questo blog, sul nostro sito e sui nostri canali social.

Se avete domande o suggerimenti, siamo sempre molto contenti di conoscerli.

Grazie per l’attenzione e al prossimo articolo!

Ulisse





Autore: Chiara Evangelista

Editor: Lisa Mustone


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